La crisi idrica non è acqua passata


Negli ultimi decenni l’Italia ha registrato una significativa diminuzione delle risorse idriche utilizzabili. Secondo un rapporto dell’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) nel 2023 la disponibilità annua di acqua è stata inferiore del 18,4% rispetto alla media storica, calcolata dal 1951. Vi sono cause legate ai cambiamenti climatici, come l’aumento delle temperature e la riduzione delle precipitazioni in molte Regioni, nonché l’incremento di evaporazione dei bacini idrici, ma c’è soprattutto il grande tema delle infrastrutture che sono tra le più vetuste d’Europa, con il 25% delle reti che ha oltre 50 anni e perdite medie del 40%.

Le proiezioni per il futuro non sono confortanti: la riduzione di acqua utilizzabile potrebbe variare da una media del 10% nel breve termine (nel caso di politiche di mitigazione efficaci) al 40% nel lungo termine, con punte – se le emissioni di gas serra dovessero restare inalterate – del 90% al Sud. Cosa possiamo fare come Sistema Paese, ma anche come parte in causa, con il 70% dei circa 50mila lavoratori del contratto gas-acqua ascrivibili al settore idrico e un tasso di sindacalizzazione del 60%?

Cominciamo col dire che la Legge Galli (5/1/1994 n. 36) prevede la definizione di “Ambiti Territoriali Ottimali” (gli ATO) che dovrebbero consentire di dimensionare adeguatamente le unità gestionali, superare la parcellizzazione delle amministrazioni locali e realizzare economie di scala in grado di generare entrate, almeno per coprire i costi di esercizio. Tuttavia un nodo centrale è costituito dall’attuazione incompleta di tale legge che rende frammentato il servizio idrico integrato, con oltre 1.200 organizzazioni gestionali.

Abbiamo anche il problema dei bassi investimenti nella manutenzione delle infrastrutture, con la criticità della depurazione e gravi dispersioni che hanno portato a procedure di infrazione da parte dell’Unione Europea. Consideriamo inoltre che tra il 6% e il 15% dei cittadini vive in aree esposte a siccità severa e tale situazione è particolarmente preoccupante, poiché incide sulla disponibilità di una risorsa essenziale per i bisogni quotidiani, le attività agricole e industriali.

Ultimo non ultimo è il tema della comunicazione inefficace: l’Italia è uno dei paesi europei con il più alto consumo di acqua in bottiglia, considerata più sicura dai consumatori. Al contrario, l’85% delle fonti idriche è sotterraneo, quindi meno esposto all’inquinamento atmosferico o esterno, ma in pochi ne sono consapevoli e le campagne di sensibilizzazione si limitano spesso ai giorni che precedono e succedono la Giornata Mondiale dell’Acqua.

Quali proposte dunque in chiave strutturale, per questo settore letteralmente vitale? Quali azioni concrete su educazione, innovazione tecnologica e politiche integrate per una gestione responsabile delle risorse idriche? Senz’altro possiamo partire con l’investire sul potenziamento di ciò che consideriamo già i nostri punti di forza: la digitalizzazione dei sistemi di gestione delle reti idriche per garantire un controllo più capillare e sicuro delle condotte; l’aumento dell’attenzione al settore da parte degli attori industriali con il know-how e la capacità finanziaria necessari per migliorare la qualità delle reti e dei servizi per i cittadini, l’industria e l’agricoltura; la condivisione delle buone pratiche organizzative utilizzate da grandi aziende, che riescono a garantire alti ritorni sugli investimenti in infrastrutture e servizi, grazie alla piena applicazione della Legge Galli; il miglioramento di modelli di relazioni industriali con una maggiore presenza delle associazioni che rappresentano le imprese, rispetto alle singole aziende.

Le normative italiane consentono concessioni a terzi e partenariati misti pubblici-privati, offrendo flessibilità e potenziale per una migliore efficienza. Il sistema tariffario regolato dall’ARERA garantisce equi rimborsi e incentiva le spese allocate per manutenzione, digitalizzazione e sviluppo delle infrastrutture. Nel complesso, soprattutto grazie ai fondi del PNRR, si aprono delle opportunità di investimento per affrontare ritardi significativi nella modernizzazione degli impianti di raccolta, distribuzione e trattamento delle acque reflue e del loro riuso, attraverso una migliore gestione e nuove infrastrutture.

La nostra proposta è dunque riassumibile in pochi punti: rispettare e rilanciare lo spirito della Legge Galli consolidando le unità di gestione in bacini territoriali ottimali, riducendone così la frammentazione e ottenendo economie di scala; promuovere una gestione industriale delle aziende per mobilitare competenze industriali e risorse finanziarie sull’implementazione e l’utilizzo di tecnologie avanzate; sviluppare e attuare strategie per mitigare gli impatti dei cambiamenti climatici sulle risorse idriche, comprese le misure per aumentare la conservazione e l’efficienza dell’acqua sia nelle aree urbane che rurali; migliorare gli sforzi di comunicazione pubblica per creare fiducia nella qualità dell’acqua del rubinetto e ridurre la dipendenza dalla bottiglia di plastica, informando i cittadini sui vantaggi dell’acqua “del sindaco” in termini di sostenibilità ambientale. Come sindacato dobbiamo riuscire a ottenere un modello di relazioni industriali maggiormente efficace e inclusivo attraverso un coinvolgimento più attivo delle parti datoriali, ma dobbiamo spingere anche sulla partecipazione, cavallo di battaglia Cisl per dare più voce ai lavoratori su scelte organizzative, governance d’impresa, condivisione degli utili e consultazione preventiva.

Quali i benefici per le imprese? L’investimento nello sviluppo della forza lavoro attraverso programmi di formazione completi, migliori stipendi e migliori opportunità di crescita professionale, è una condizione ormai necessaria per attrarre e trattenere personale qualificato e giovani professionisti.  Le aziende in grado di sviluppare in maniera ottimale i meccanismi di recupero dei costi, modernizzare le infrastrutture e garantire sicurezza e integrità dei servizi idrici, avere stabilità finanziaria anche grazie a partenariati pubblico-privato, ma soprattutto sviluppare strategie di resilienza ai cambiamenti climatici con misure di conservazione, dovranno essere ricompensate con premialità di vantaggio. Introdurre incentivi fiscali per le aziende – e per le famiglie – che adottino tecnologie di efficienza idrica, potrebbe essere una delle chiavi perché risparmio, tutela, restituzione e riuso dell’acqua divengano i quattro pilastri della sostenibilità ambientale ed economica di un futuro in cui ogni goccia conta.

Nora Garofalo
Segretaria Generale Femca Cisl Nazionale



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