Occorre un approccio serio agli investimenti in infrastrutture e la partnership pubblico-privato deve esserne parte essenziale.
Le infrastrutture, si sa, sono fondamentali per la competitività e per il conseguimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile. In particolare, sono strategici gli investimenti nelle cosiddette infrastrutture economiche, come trasporti, energia, telecomunicazioni; ma anche in quelle sociali, come housing, educazione e sanità ; e infine, nei cosiddetti public goods, come la sicurezza.
Da quasi vent’anni, negli Stati Uniti, in Europa e vieppiù in Italia, gli investimenti sono in decrescita sul Pil. Fa eccezione la parentesi Pnrr, che ha consentito di mettere a terra significativi investimenti, contribuendo per poco più del 30% al fabbisogno finanziario delle infrastrutture strategiche: oltre 50 miliardi per ferrovie, 10 per strade e altrettanti per i sistemi urbani, 6,5 per i porti.
Tuttavia, a pochi mesi dal termine del Pnrr è urgente interrogarsi su come sostenere un piano di investimenti capillare e con logiche diversificate, perché ogni settore ha le proprie peculiarità .
Non esiste una ricetta magica, ma certamente serve un’azione decisa e concreta per favorire l’utilizzo del capitale privato, soprattutto quello degli investitori di lungo termine, come i fondi pensione che, complici la tassazione e la carenza di opportunità di investimento, convogliano circa l’80% delle loro disponibilità fuori Italia.
Utilizzare il capitale dei fondi pensione significa portare migliori servizi ai cittadini che ne diventano anche gli investitori. A eccezione di pochi settori, come quello dell’energia, a seguito dei processi di liberalizzazione, e dei trasporti (autostrade e aeroporti), dove l’afflusso di capitali privati è assicurato dalla presenza di gestori privati, molto spesso quotati, in altri settori predomina il capitale pubblico.
Basti pensare che quasi il 90% dei capitali per le infrastrutture strategiche sono pubblici. Non è solo la presenza di fallimenti di mercato a determinare la necessità di capitali pubblici, che potrebbero essere comunque utilizzati in logica di co-investimento, ma è soprattutto un tema di postura delle politiche economiche e di barriera culturale.
Utilizzare il capitale pubblico laddove potrebbe essere impiegato il capitale privato determina un problema di inefficienza allocativa. Si pensi agli investimenti per la riqualificazione ed efficientamento energetico del patrimonio pubblico o sulla rete idrica, dove la spesa storica consentirebbe la remunerazione del capitale privato, al netto di una quota di contribuzione pubblica.
Un ruolo pivotale, deciso e concreto deve essere giocato dalle banche promozionali e di sviluppo, come anchor investor nell’ambito di schemi di blended finance, volti a costruire fondi in cui il capitale pubblico è utilizzato a leva per attirare gli investitori istituzionali. Soluzioni di questo tipo sono essenziali anche in settori come l’housing nelle sue varie forme (appartamenti per giovani famiglie, studentati e senior housing) e la sanità , dove tutti invocano i fondi Inail ma mancano logiche concrete per portare queste risorse in tempi rapidi sui 4,5 miliardi di investimenti in programmazione.
Non è rocket science, la programmazione dei fondi strutturali da ormai un decennio raccomanda l’utilizzo di strumenti finanziari per attirare il capitale privato in logica di co-finanziamento.
Tuttavia, non è solo un tema di capitali privati ma anche di soluzioni e di innovazioni, che logiche competitive e di maggior apertura al mercato possono portare nel sistema Paese. Qualche piccola sperimentazione è stata fatta nell’ambito del Pnrr, con la telemedicina e il cloud nazionale. Ci aspettavamo un uso più spinto del capitale privato nel Pnrr, se non altro in logica pilota.
Un approccio serio e lungimirante agli investimenti in infrastrutture materiali e immateriali, sociali ed economiche è urgente e la partnership pubblico-privato ne deve essere un ingrediente essenziale, che va declinato e sartorializzato.
Sebbene gli interventi normativi siano sempre utili, servono coraggiosi leader, nel pubblico e nel privato, per avviare riflessione pragmatiche di sistema, seguite da sperimentazioni di come il capitale e il know how privati possano concorrere alla generazione di valore pubblico, in Italia e in Europa. Alcuni territori ci stanno provando e vanno incoraggiati e seguiti.
L’articolo originale è stato pubblicato sul numero di Fortune Italia dell’aprile 2025 (numero 3, anno 8)
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