La legge prevede una serie di agevolazioni e benefici per i lavoratori dipendenti, come l’assenza giustificata e retribuita per malattia, i permessi 104 di tre giorni al mese, lo smart working oppure i cambi di mansioni per motivi di salute. Da non dimenticare è anche il congedo straordinario biennale e retribuito, previsto dall’art. 42, comma 5, del d. lgs. 151/2001 in attuazione della legge 104 del 1992, per sostenere e prestare le necessarie cure a un familiare non autosufficiente.
Il rischio più o meno nascosto è, però, abusare di un diritto come quello a un’assenza così lunga, andando a svolgere attività che nulla hanno a che fare con le finalità per cui la maxi-agevolazione del congedo straordinario è concessa dal datore di lavoro.
In un recente caso finito in tribunale, una professoressa, con tutta probabilità, dovrà restituire circa 60mila euro alle casse pubbliche, per essersi avvalsa di più di 700 giorni di congedo, svolgendo al contempo una distinta attività di lavoro. Vediamo più da vicino e scopriamo quali conseguenze legali sono all’orizzonte per fatti come questi, rappresentando un monito per chi è in procinto di chiedere il congedo biennale, o ne sta già usufruendo.
Il caso: in congedo faceva la libera professionista
Il caso in oggetto ha palesato l’ennesimo aggiramento di regole che, in se stesse, concedono un beneficio non indifferente ai lavoratori. Assentarsi grazie al congedo biennale, pagato così come previsto dalla legge, non significa poter dedicare le ore di “tempo libero” a un secondo lavoro, ottenendo un secondo reddito.
La donna finita sulle pagine dei giornali di cronaca locale e nazionale, insegnante presso una struttura pubblica in provincia di Avellino, aveva svolto per mesi una attività parallela come libera professionista, pur avendo a suo tempo comunicato alla scuola di volersi prendere una lunga pausa per assistere, in applicazione delle tutele di cui alla legge 104, un parente con disabilità grave e non in grado di provvedere autonomamente alle proprie necessità.
Le indagini e i controlli incrociati su spese e erogazioni pubbliche destinate al personale della Pubblica amministrazione, svolti dalla Guardia di Finanza, hanno svelato l’astuzia della donna che, credendo di non essere beccata, aveva di fatto aggirato i divieti di legge, causando un danno allo Stato quantificato in circa 60mila euro.
Poco importa se la donna è stata in buona fede o nella situazione di chi si dimentica di un obbligo normativo: chi percepisce altri redditi incompatibili con l’assistenza continuativa e personale richiesta dalla legge, ne deve pagare le conseguenze sanzionatorie.
In particolare, la donna avrebbe emesso delle fatture per attività professionale eseguita, evidenziando così altri redditi tracciabili. Una svista nella svista, verrebbe da dire, perché la prof, per non lavorare in nero, aveva però evidenziato un illecito di altro tipo.
Ricordiamo che gli accertamenti delle fiamme gialle avvengono con accurate verifiche su redditi, movimenti bancari, eventuali lavori svolti e posizioni contributive. Potenzialmente nulla sfugge al controllo degli agenti, e casi come questo sono facilmente smascherabili.
La segnalazione alla magistratura dell’ipotesi di reato
Verificata la presenza dell’anomalia e di tutti gli indizi di un vero e proprio abuso del diritto al congedo straordinario retribuito, la GdF ha segnalato gli estremi del danno erariale e i dati anagrafici della insegnante-libero professionista sia all’autorità giudiziaria competente che alla Procura della Corte dei Conti della Campania.
Alla donna è stato contestato il reato di indebita percezione di erogazioni pubbliche, punito dall’art. 316 ter del Codice Penale con la sanzione della reclusione. Infatti, come spiega l’Inps nel suo sito web ufficiale, l’indennità di congedo straordinario è anticipata dal datore di lavoro con la possibilità di conguaglio con i contributi dovuti all’istituto di previdenza.
In questo caso la donna aveva richiesto e ottenuto il congedo, ma svolgendo poi un diverso lavoro (subordinato o autonomo, anche in nero, non fa differenza) ha ottenuto indebitamente un’erogazione pubblica, dichiarando il falso o comunque omettendo dati rilevanti, come indicato dall’art. 316 ter citato.
L’attività investigativa ha di fatto inchiodato la donna, che ora dovrà restituire più di 60mila euro, corrispondente all’indennità sostitutiva lorda della retribuzione incassata nei quasi due anni di assenza dalle aule scolastiche.
Cosa cambia con questa sentenza
Questa vicenda, che è in attesa di definizione presso i competenti organi della magistratura, ci ricorda che la Guardia di Finanza è costantemente attenta alla lotta agli illeciti nella Pubblica Amministrazione e agli abusi nel pubblico impiego, anche e soprattutto in materia di benefici con la legge 104 e norme successive.
Chi si assenta dal lavoro, debitamente giustificato e per l’assistenza di un familiare disabile grave, non può sperare di aggirare i controlli sempre più accurati e approfonditi, svolti dalle autorità grazie a banche dati e a strumenti informatici assai evoluti.
Se è vero che le irregolarità nel pubblico impiego non sono affatto infrequenti, i fatti sopra citati devono essere di monito per tutti coloro che intendono avvalersi dell’agevolazione del congedo straordinario biennale: deve essere richiesto esclusivamente per prendersi cura del familiare non autosufficiente e tale attività deve essere full time.
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link