Rodolfo Belcastro, advisor presso Una Terra Early Grow Fund, spiega come la sostenibilità possa essere una straordinaria opportunità.
Quali equilibri si stanno ridefinendo tra istituzioni, finanza e società civile? Lo abbiamo chiesto a Rodolfo Belcastro, advisor presso Una Terra Early Grow Fund, fondo europeo di venture capital focalizzato sulla sostenibilità e l’economia circolare.
Come definiresti, oggi, il rapporto tra media, politica e rappresentanza di interessi?
È diventato sempre più interdipendente e complesso con variabili sempre più imprevedibili. In passato, i media tradizionali fungevano da intermediari principali tra politica e pubblico, con una chiara separazione dei ruoli. Oggi, con l’avvento dei social media e la disintermediazione dell’informazione – qualcuno parla di “democratizzazione dell’infosfera“, ma spesso il processo è tutt’altro che democratico – questa dinamica è cambiata radicalmente.
La politica – come dimostra Donald Trump che addirittura ha creato un social tutto suo – utilizza direttamente le piattaforme digitali per comunicare con l’elettorato, bypassando i media tradizionali che vengono percepiti come obsoleti, lenti, manipolabili.
Questo ha portato a una comunicazione più immediata, ma anche a una maggiore diffusione di informazioni non verificate o mediate dalla professionalità e dall’ambizione di essere imparziali e ‘cani da guardia della democrazia’ del giornalismo. Allo stesso tempo, i gruppi di interesse hanno sviluppato proprie strategie mediatiche, influenzando l’opinione pubblica attraverso campagne mirate e lobbying digitale.
Tutto questo ha radicalmente modificato i rapporti di forza in gioco: oggi, l’agenda politica è sempre più influenzata da dinamiche bottom-up, con cittadini e movimenti che acquisiscono voce diretta, mentre le lobby devono adattarsi a una maggiore trasparenza e accountability.
Al contempo, le istituzioni si trovano a gestire un flusso costante di informazioni e pressione pubblica, rendendo la comunicazione strategica e la gestione della reputazione più cruciali che mai.
La mia esperienza mi ha insegnato che, in questo contesto, la trasparenza e l’autenticità sono fondamentali. Le organizzazioni devono adottare una comunicazione chiara e coerente, mantenendo l’integrità dei propri valori per costruire e preservare la fiducia del pubblico.
A tal proposito, sul climate change, siamo passati dai ‘Fridays for Future’ al ‘Drill baby, drill!’. In che direzione sta andando il mondo della finanza?
Il mondo della finanza sta attraversando una fase di transizione significativa. Se da un lato persistono certamente investimenti in settori tradizionali come i combustibili fossili, dall’altro c’è una crescente consapevolezza dell’importanza della sostenibilità e di quanto sia strategica in termini di investimenti di lungo periodo e profittevoli.
Molti fondi di investimento stanno integrando criteri Esg nelle loro decisioni, riconoscendo, per esempio, che i rischi climatici rappresentano anche rischi finanziari.
Ma il tema è un altro. Rubo il claim all’International Impact Forum 2025, con il quale ho avuto modo di collaborare, che si è appena svolto nel Principato di Monaco riunendo circa 300 investitori da tutto il mondo: “The Future of Money is Sustainability”.
La finanza d’impatto e gli investimenti sostenibili, infatti, non sono solo una necessità di sopravvivenza per l’economia globale, ma anche una straordinaria opportunità di profitto: con la sostenibilità si fanno i soldi!
Il settore privato deve integrare nel suo modello di business la sostenibilità non per pura filantropia, ma per una concreta convenienza economica, riconoscendo che la finanza di impatto non è un costo, bensì un motore di crescita e competitività.
Al di là di una mutata sensibilità politica sul tema, il mercato globale degli investimenti a impatto ha comunque raggiunto 1,57 trilioni di dollari in asset under management.
In Europa, gli investimenti in asset privati non quotati hanno raggiunto un record di 190 miliardi di euro, con un incremento del 20% tra il 2022 e il 2023.
Inoltre, si prevede che gli investimenti a impatto possano rappresentare fino al 15% degli asset totali entro il 2030. Questi numeri fanno capire quanto i mercati stiano scommettendo sulla finanza d’impatto e sulla sostenibilità, non certo per beneficenza.
Il Clean Industrial Deal risolverà il dilemma sostenibilità vs competitività?
Sicuramente rappresenta un passo cruciale per smontare quello che è uno stereotipo bello e buono, che vede in contrapposizione sostenibilità e competitività economica. Con un approccio strategico che integra innovazione, incentivi fiscali e regolamentazione mirata, il Clean Industrial Deal punta a rendere le industrie europee più sostenibili aumentando la loro capacità di generare valore.
Per esempio, uno degli aspetti centrali è il sostegno all’innovazione tecnologica, con investimenti in ricerca e sviluppo per accelerare la transizione verso processi produttivi a basse emissioni. Le tecnologie green, come l’idrogeno pulito, l’elettrificazione industriale, la cattura del carbonio e l’economia circolare, possono migliorare l’efficienza energetica e ridurre i costi nel lungo periodo, rendendo la sostenibilità un fattore competitivo e non un ostacolo.
Ma è importante che l’innovazione si integri nelle soluzioni esistenti, piuttosto che richiedere un cambiamento radicale delle infrastrutture. Se una soluzione ha bisogno di un intero nuovo sistema per funzionare, difficilmente prenderà piede.
Un altro pilastro è rappresentato dalle politiche di incentivazione e dai meccanismi di mercato, come il rafforzamento del sistema Ets (Emission Trading System) e l’introduzione di strumenti di finanziamento agevolato per le imprese che adottano modelli di produzione sostenibili. Tuttavia, affinché queste misure siano efficaci, è necessaria una cooperazione attiva tra il settore pubblico e quello privato: i governi devono fornire un quadro normativo stabile e prevedibile, mentre le imprese devono dimostrare capacità di adattamento e innovazione.
Resta, comunque, una sfida chiave: il livellamento del playing field a livello globale. Senza meccanismi che impediscano il carbon leakage e che proteggano la competitività delle imprese europee nei confronti di concorrenti meno regolamentati, il rischio è che la transizione ecologica diventi un vantaggio solo per alcune economie, lasciando indietro settori strategici.
In conclusione, il Clean Industrial Deal ha il potenziale per trasformare la sostenibilità in un vantaggio competitivo piuttosto che in un costo, ma la sua riuscita dipenderà dalla concretezza delle politiche di attuazione, dalla rapidità con cui le imprese sapranno innovare e dalla capacità di costruire un ecosistema industriale globale equo e sostenibile.
Qui la rappresentanza di interesse, l’azione di sensibilizzazione, comunicazione, advisory e advocacy del mondo del lobbying e di Pr avranno un ruolo chiave in questa partita istituzionale e regolatoria fondamentale per l’Europa.
Rodolfo Belcastro
49 anni, ex rugbista, laureato in Filosofia e Scienze della Comunicazione cum laude, è advisor presso Una Terra Early Grow Fund, fondo europeo di venture capital focalizzato sulla sostenibilità e l’economia circolare.
Ha ricoperto ruoli manageriali C-level nella comunicazione corporate e istituzionale in realtà di rilievo internazionale come Cassa Depositi e Prestiti, il gruppo Cir (la holding della famiglia De Benedetti) ed il Gruppo Sace, contribuendo alla trasformazione strategica e alla crescita di queste organizzazioni.
L’articolo originale è stato pubblicato sul numero di Fortune Italia dell’aprile 2025 (numero 3, anno 8)
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