Il concorso del reddito prodotto all’estero alla formazione del reddito complessivo imponibile in Italia costituisce un requisito necessario ai fini della successiva detrazione dall’imposta italiana dell’imposta pagata all’estero. La mancata inclusione del reddito estero nel reddito imponibile in Italia e, quindi, il non realizzarsi della condizione del concorso del reddito estero al reddito complessivo, comporta l’impossibilità di procedere alla stessa determinazione del credito d’imposta. Come chiarito con la risposta n. 101 del 15 aprile 2025, ciò vale anche nel caso di concorso parziale del reddito estero al reddito complessivo imponibile, come in presenza dell’esenzione derivante dall’applicazione del regime PEX.
Si ricorda che lo Stato di residenza calcola l’imposta dovuta sul reddito complessivo, includendo anche il reddito prodotto all’estero che, in base alla Convenzione per evitare le doppie imposizioni, può essere assoggettato a tassazione anche nello Stato della fonte. Lo Stato di residenza consente, successivamente, una detrazione delle imposte pagate all’estero dalle imposte ivi dovute. Esiste, quindi, un nesso di causalità tra l’inclusione del reddito estero nel reddito complessivo imponibile nel Paese di residenza e il riconoscimento del credito per le imposte già pagate all’estero.
L’ammontare del credito non può essere maggiore della quota di imposta italiana attribuibile ai redditi prodotti all’estero e ivi tassati nella proporzione in cui gli stessi concorrono alla formazione del reddito complessivo, come recepito dall’art. 165 DPR 917/86 che prevede il riconoscimento di un credito d’imposta per i redditi prodotti all’estero qualora ricorrano, congiuntamente, le seguenti tre condizioni:
- il conseguimento di un reddito prodotto all’estero;
- il concorso di tale reddito alla formazione del reddito complessivo;
- il pagamento di imposte estere su detto reddito a titolo definitivo.
La società istante è fiscalmente residente nel territorio dello Stato e controllata da una società di diritto estero. Fino all’anno x, possedeva l’intero capitale sociale di una società di diritto francese con sede legale in Francia, successivamente ha ceduto la partecipazione ad un’altra società francese non appartenente al medesimo gruppo, originando una plusvalenza.
Per effetto dell’applicazione del regime della participation exemption (PEX), la plusvalenza è soggetta a IRES in Italia con aliquota effettiva dell’1,2%. Inoltre, conformemente alle disposizioni interne francesi e al Protocollo alla Convenzione per evitare le doppie imposizioni stipulata tra l’Italia e la Francia la plusvalenza è soggetta a imposizione concorrente in Francia con aliquota effettiva del 3%.
In relazione al credito d’imposta di cui la società può beneficiare, la plusvalenza derivante dalla cessione delle partecipazioni in Italia beneficia del regime di esenzione nella misura del 95% del suo ammontare (ai sensi dell’art. 87 DPR 917/86), con conseguente assoggettamento a imposta sui redditi nella misura del 5%.
Come chiarito dall’Agenzia delle Entrate, la parte di reddito francese che non concorre alla formazione del reddito italiano a causa dell’esenzione parziale per le plusvalenze in applicazione del regime PEX non integra le condizioni per usufruire in Italia del credito per le imposte versate all’estero, dovendosi necessariamente applicare la riduzione proporzionale dell’imposta francese prevista dal c. 10 dell’art. 165 DPR 917/86. Non può essere condivisa un’interpretazione del citato c. 10 che preveda la riduzione proporzionale dell’imposta estera virtuale che sarebbe stata riscossa in Francia senza l’applicazione dell’esenzione francese sulle plusvalenze dell’88%.
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