Normativa di sostenibilità: cosa c’è “dietro” il Pacchetto Omnibus


Il pacchetto Omnibus, come ormai ben noto, ha sollevato molte discussioni riguardo alle modifiche delle normative europee. Discussioni che si sono concentrare in particolare sulla rendicontazione di sostenibilità, sulla due diligence e sulla tassonomia. I rinvii dei termini, le incertezze e le difficoltà incontrate dalle aziende nella gestione della compliance impongono una riflessione sull’approccio migliore per navigare in questo scenario e per capire come sta evolvendo. Ne abbiamo parlato con Luca Grassadonia, ESG manager.

Il Pacchetto Omnibus e la normativa di sostenibilità

Il pacchetto Omnibus, con modalità non del tutto inaspettate, ha suscitato molte preoccupazioni. Le normative relative alla rendicontazione e alla due diligence stavano creando un clima di incertezza e preoccupazione tra le imprese, in particolare per il peso degli adempimenti. “Alcuni mesi fa – osserva Luca Grassadonia, ESG manager -, un commissario europeo aveva già accennato alla necessità di un “allentamento” della pressione normativa per permettere un’applicazione graduale delle nuove direttive, riferendosi a CSRD Corporate Sustainability Reporting Directive e CSDDD Corporate Sustainability Due Diligence Directive . Adesso si tenta di risolvere le problematiche emerse a causa della complessità e delle difficoltà pratiche nell’applicazione di queste normative con un meccanismo basato di fatto sul rinvio dei termini”.

Per comprendere e valutare la portata del pacchetto Omnibus Grassadonia suggerisce di considerare che si tratta di una misura suddivisa in due principali categorie di intervento: una parte relativa al rinvio dei termini e una parte che attiene alle modifiche normative.

  • Nel rinvio dei termini le scadenze per la rendicontazione sono state posticipate di due anni, con un allineamento generale al 2028. Questo consente alle aziende di avere più tempo per adattarsi, ma crea inevitabilmente anche una fase di incertezza.
  • Le modifiche normative non sono ancora definite con precisione. Le aziende dovranno probabilmente affrontare un periodo di discussione su come adattarsi alle future evoluzioni, che potrebbero portare anche a dei cambiamenti sostanziali ai regolamenti esistenti.

La normativa di sostenibilità e la rendicontazione

I benefici relativi alla riduzione della pressione normativa collegata alla compliance non deve far dimenticare che alcune imprese avevano già iniziato ad adattarsi alle condizioni normative precedenti e si trovano ora in una posizione difficile. Queste aziende, che avevano già implementato i requisiti di rendicontazione di sostenibilità e si erano allineate alla direttiva CSRD, continuano a essere vincolate da un sistema che ora è in “lavorazione”. La frustrazione è palpabile, poiché queste imprese si trovano a dover mantenere gli sforzi di compliance in un contesto che le stesse autorità definiscono insostenibile.

“Questo crea una disparità tra chi ha iniziato a rispettare le normative in anticipo – sottolinea Grassadonia – e chi, invece, può sfruttare i rinvii e l’incertezza per adottare un approccio più flessibile. Le modifiche proposte potrebbero anche includere una revisione delle normative che coinvolgono la rendicontazione e la due diligence, portando le aziende che avevano fatto le scelte giuste a essere penalizzate dalle azioni già avviate”.

Le incertezze della Due Diligence

La due diligence è un altro punto critico del pacchetto Omnibus e della normativa di sostenibilità. La CSDDD ha posto il peso della responsabilità per i diritti umani e per la gestione delle catene di fornitura sulle aziende. “Questa situazione si inserisce in un contesto più ampio – osserva Grassadonia -, che sembra in qualche modo far crescere il potere delle mega-corporation rispetto a quello degli Stati nazionali. Le normative, soprattutto in ambito europeo, sembrano spingere le aziende a prendersi oneri molto importanti per monitorare i propri fornitori in ogni angolo del mondo, creando un sistema di responsabilità che potrebbe risultare poco sostenibile”.

In alcuni paesi, come gli Stati Uniti, “si adotta un approccio diverso – prosegue Grassadonia – , imponendo (semplificando il concetto) un blocco per i prodotti provenienti da aree critiche, senza demandare il controllo alle singole aziende. Un tale approccio sarebbe più semplice ed efficace rispetto all’approccio europeo che rischia di sovraccaricare le aziende e che può creare incertezze giuridiche”.

Il futuro della Tassonomia nella normativa di sostenibilità

Un altro tema caldo del pacchetto Omnibus riguarda la tassonomia, che è stata progettata per identificare le attività che favoriscono obiettivi ambientali. “Le difficoltà pratiche – rileva Grassadonia – non sono tuttavia mancate. La tassonomia attuale è basata su criteri che cercano di identificare i contributi sostanziali a obiettivi ecologici, ma lascia ancora molti dubbi su come applicare i criteri per evitare che ci possano essere danni significativi (DNSH Do Not Significant Harm) magari con attività collaterali. Le imprese si trovano spesso in difficoltà nel verificare se le loro attività collaterali sono effettivamente conformi a queste normative, soprattutto quando non hanno il controllo diretto sui fornitori. Inoltre – prosegue -, la tassonomia non ha considerato adeguatamente le attività collaterali che potrebbero avere un impatto positivo sull’ambiente, ma che non sono direttamente incentivate. Questo limita la capacità del sistema economico di evolversi in modo sostenibile, favorendo solo alcune attività e penalizzando altre che potrebbero contribuire ugualmente alla causa ambientale”.

L’impatto della normativa di sostenibilità sul settore finanziario

La visione del mondo finanziario rispetto al pacchetto Omnibus è un altro punto di discussione. “Le modifiche normative – sottolinea Grassadonia -, sebbene pensate per incentivare la sostenibilità, potrebbero avere un effetto contrario. Molte aziende del settore finanziario hanno puntato sul tema della compliance normativa per aprire nuovi prodotti, ma ora si trovano a dover affrontare la realtà pratica delle normative che si evolvono continuamente. In particolare, il settore finanziario sta facendo i conti con l’incertezza e con la possibilità che le normative vengano modificate in futuro”.

In concreto, conclude Grassadonia, “la sostenibilità non dovrebbe essere un esercizio di compliance, ma dovrebbe rappresentare un investimento a lungo termine. L’adozione delle normative, seppur necessaria e importante, è solo uno dei tanti obiettivi”. E la raccomandazione finale alle aziende è quella di “focalizzarsi sui temi materiali che offrono ritorni economici concreti nel breve e medio termine”.



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