UISP – Nazionale – Dazi e terzo settore: sono a rischio diritti e sostenibilità


Dazi e terzo settore: sono a rischio diritti e sostenibilità

Lo speciale del Giornale Radio Sociale, con le voci di Paolo Venturi, Michele Carrus, Thomas Osborn. Ecco perchè il peso delle tensioni rischia di cadere sui cittadini

 

“La guerra dei dazi tra Cina e Stati Uniti, tappa per tappa”. Questo non è il titolo di un articolo di questi giorni ma risale a cinque anni e mezzo fa, era il 15 dicembre 2019. Poi arrivò la pandemia, Capitol Hill e la sconfitta di Trump alle elezioni. Oggi, con il suo ritorno nella stanza ovale, ecco che le lancette della storia sono ripartite esattamente da quel momento, con quello che viene definito uno scontro epocale tra le due super potenze mondiali. Prima il crollo delle borse, poi la marcia indietro con la sospensione di 90 giorni, e ora la trattativa: il secondo quarto di secolo si apre con una nuova guerra fredda. Il GRS Week di oggi, approfondimento del Giornale Radio Sociale, questa settimana curato da Giuseppe Manzo si apre proprio così. Con una domanda che compare in filigrana: quali sono, o sarebbero, o saranno, gli effetti dei dazi sul terzo settore?

Ascoltiamo Paolo Venturi, docente di imprenditorialità e innovazione sociale presso l’Università di Bologna, direttore di Aiccon (Associazione Italiana per la Promozione della cultura della cooperazione e del non profit):

“Sono certe alcune cose: la prima è che questa strategia sta mettendo a rischio sviluppo e crescita. E sta aumentando la frammentazione. Bisogna capire se questa è una mossa tattica o una vera e propria visione del mondo. Sono certo che si stanno rompendo gli equilibri e l’idea di globalizzazione per come l’abbiamo conosciuta. I rapporti internazionali fra gli Stati stanno cambiando, come stanno cambiando gli ambiti e le reti all’interno dei quali si conversava. Ormai le negoziazioni hanno sostituito gli ambiti istituzionali riconosciuti. Sullo sfondo c’è una sorta di inizio di guerra commerciale fra Cina e Stati Uniti. Questo creerebbe danni a chiunque e l’Europa non può permettersi di dividersi. Già da questo punto di vista abbiamo da difendere non soltanto la nostra economia ma anche la nostra democrazia. Quindi è importante restare vigili e attivi, anche come società, avere dei canali di comunicazione con le istituzioni, attivarsi e fare proposte, perché gli effetti di questi sviluppi li vedremo in futuro. Non si sa come ne usciremo, però in gioco c’è il futuro del neoliberismo e, soprattutto, lo stato della democrazia del mondo.”

Cosa accadrebbe per la vita dei cittadini ogni giorno? Innanzitutto i consumatori avranno ricadute sui prezzi al consumo.

Ascoltiamo Michele Carrus, presidente nazionale di Federconsumatori:

“I cittadini avranno delle conseguenze direttamente e indirettamente pesanti per i consumatori italiani. Intanto le imprese che vendono e producono in Italia saranno portate ad aumentare i prezzi sul mercato interno per compensare i minori guadagni conseguenti alle minori esportazioni colpite dai dazi. In secondo luogo, perché le inevitabili contromisure europee colpiranno di dazi le merci importate in Europa e in Italia dagli Stati Uniti, che avranno quindi un aumento dei prezzi. In terzo luogo, indirettamente, perché la contrazione del commercio mondiale per effetto di queste politiche protezionistiche ottocentesche, si riverbererà in un aumento generalizzato dei prezzi. Poi, perché tanta parte delle produzioni italiane che esportano molto verso gli Stati Uniti – penso alla meccanica, alla farmaceutica, ai mezzi di trasporto e soprattutto all’agroalimentare – subiranno un calo di attività e dunque un probabile gravissimo calo dell’occupazione. Quindi minori stipendi da spendere nel mercato dei generi di consumo. Il governo fa male a sottovalutare la situazione come sta facendo e dovrebbe pensare a misure di sostegno nuove, non soltanto per le imprese ma anche per le famiglie dei consumatori.”

Poi ci sono anche i rischi sul fronte inclusione e diritti, come ha denunciato la Federazione Fish. Ce lo spiega nella scheda Anna Monterubbianesi:

“L’ondata dei dazi imposti dal presidente Trump, fino al 20% sui prodotti europei, scuote anche il Terzo Settore italiano. Non parliamo soltanto di imprese ed industria: in gioco ci sono oltre 390mila organizzazioni no profit con più di 900mila lavoratori, con un valore economico che supera gli 80 miliardi di euro. Secondo Confartigianato, il calo dell’export verso gli Stati Uniti dovrebbe costare 33mila posti di lavoro, colpendo anche piccole realtà produttive sociali. In questo scenario, il terzo Settore rischia un doppio colpo: meno risorse da parte di enti pubblici e privati e un calo delle donazioni da parte dei cittadini. Fish, Atil, Federconsumatori ed altre organizzazioni lanciano un allarme comune: proteggere i diritti e garantire l’inclusione e sostenere l’inclusione sociale non è un lusso da sacrificare ma una priorità politica, anche in tempi di tensioni internazionali.”

Gran parte del terzo settore si occupa di cura alle persone, salute e assistenza socio-sanitaria. In sintesi: diritto alla salute. Con i dazi sarebbero inevitabili ricadute negative sui servizi alla persona. Ascoltiamo l’economista Thomas Osborn, Direttore Area Salute, I-Com – Istituto per la Competitività:

“Dazi sì, dazi no, dazi forse: il mondo della sanità è col fiato sospeso. Come sempre, quando si parla di farmaci c’è sì un tema economico, ma anche sociale, sanitario ed umano. Dopo gli annunci di Trump – inizialmente aveva escluso la farmaceutica dalla lunga lista da sottoporre a dazi – negli ultimi giorni gli annunci sembrano essere differenti. Lui stesso ha detto che le importazioni in Europa sono un problema che intende affrontare, e vorrebbe riportare agli Stati Uniti la produzione farmaceutica. È un settore che da sempre si basa su rilevanti rapporti internazionali, grande scambio in tutte le fasi di produzione. Anche per l’Italia, che attualmente è riconosciuta come una forza esportatrice, anche nelle vaccinazioni nei dispositivi medici. Quindi sicuramente danni economici e carenze di prodotti basati su ingredienti e principi attivi su cui c’è una forte importazione anche in Italia: come ad esempio l’insulina. Sono più di 15 i principi attivi su cui c’è una dipendenza critica nel nostro Paese da Paesi extra UE. E chi pagherà sono i cittadini. Si stima un costo di oltre 2,5 miliardi che ricadrà sulle industrie italiane e poi, di conseguenza, su tutto il Paese.” (a cura di I.M. e N.D.P.)

 


pubblicato il: 12/04/2025 | visualizzato 67 volte



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