In un’Italia dove i tempi di attesa si allungano e la sanità pubblica fatica a garantire equità e tempestività, sempre più cittadini si orientano verso soluzioni integrative. Secondo i dati dell’Osservatorio Salute Iqvia, oggi quattro italiani su dieci dispongono di una polizza sanitaria: il 24% tramite il datore di lavoro, il 16% a titolo personale.
Nel 2023, la spesa sanitaria complessiva del nostro Paese ha raggiunto 176,1 miliardi di euro, di cui:
- 130,3 miliardi (74%) a carico del settore pubblico;
- 40,6 miliardi (23%) sostenuti direttamente dalle famiglie.
Il 95% degli italiani paga farmaci e ticket di tasca propria, l’83% affronta spese specialistiche, il 62% paga per accertamenti diagnostici. Solo l’11,4% della spesa privata è coperta da polizze o fondi.
Il resto grava direttamente sul bilancio familiare, generando disuguaglianze e insicurezze.
La posizione di AISI (Associazione Imprese Sanitarie Indipendenti): serve un nuovo equilibrio, non una frattura
Karin Saccomanno, Presidente AISI, lancia un appello chiaro:
«Non siamo davanti a uno scontro tra pubblico e privato, ma a un’opportunità: creare un ecosistema sanitario ibrido, più forte, più equo. Serve una nuova alleanza strategica che affianchi il SSN, lo rafforzi, e risponda ai bisogni reali dei cittadini».
Negli ultimi due anni, secondo Bain & Company, si è registrato un +30% di crescita nelle adesioni alla sanità integrativa. Tuttavia, meno di un italiano su cinque ha ancora una polizza attiva. Il dato conferma che la fiducia nel SSN resta alta, ma la sua tenuta è in crisi e necessita di interventi strutturali.
Giovanni Onesti, Direttore Generale AISI:
«Il privato non sostituisce, ma sostiene e non va demonizzato. Dove il pubblico non arriva per limiti oggettivi — mancanza di personale, risorse, strutture — le imprese sanitarie indipendenti possono alleggerire la pressione e restituire dignità alle cure».
Le criticità del SSN e il bisogno crescente di risposte
Secondo la Fondazione GIMBE, il 60% degli italiani ritiene che il Servizio Sanitario Nazionale non garantisca più equità. Le disparità regionali sono marcate: nel Nord-Est si spendono 2.181 euro pro capite, nel Mezzogiorno solo 2.102 euro. Le liste d’attesa e le carenze strutturali stanno minando la fiducia dei cittadini.
Dott. Fabio Vivaldi, Segretario Generale AISI:
«Dove non arrivano i fondi pubblici, dove le cure rallentano o si frammentano, è il privato che può e deve colmare i vuoti, garantendo qualità, tempi certi, e un approccio umano alle cure».
Non una scelta ideologica, ma una necessità sociale
Oggi sempre più famiglie scelgono il privato per:
- ridurre i tempi d’attesa,
- scegliere dove e da chi farsi curare,
- garantire continuità terapeutica e accesso a servizi assenti nel pubblico come odontoiatria, fisioterapia, supporto psicologico.
L’assicurazione sanitaria resta una leva importante, ma va letta come fenomeno secondario rispetto al bisogno primario: accedere alle cure in modo rapido, dignitoso, sostenibile.
Esempi concreti: un Paese a due velocità
Le criticità toccano tutte le regioni, con episodi emblematici:
- In Campania, gravi carenze di personale ostetrico e sanitario mettono a rischio la sicurezza dell’assistenza madre-nascituro.
- In Lombardia, Liguria, Lazio, Piemonte e Veneto, il problema si riflette in liste d’attesa lunghissime e carichi di lavoro insostenibili per i professionisti.
Avanti insieme, per la salute di tutti
L’Italia ha bisogno di una sanità più integrata, più flessibile, capace di ascoltare e rispondere. Il rilancio del SSN è indispensabile, ma non può avvenire senza il contributo concreto di chi ogni giorno, nel privato, offre soluzioni tempestive, tecnologicamente avanzate, accessibili.
AISI ribadisce la necessità di un dialogo costruttivo con le istituzioni: perché la salute non è un privilegio, ma un diritto, e come tale va difeso, protetto, garantito. Sempre.
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