Ue, verso lo slittamento di due anni della contabilità green per le pmi


Contabilità green per Pmi, si va verso lo slittamento di due anni. Il Parlamento europeo ha infatti approvato la richiesta di trattare, giovedì 3 aprile, con procedura d’urgenza, il voto finale per decidere sul pacchetto cd. Omnibus presentato lo scorso 26 febbraio, che prevede, tra le altre cose l’intenzione di posticipare l’entrata in vigore dei nuovi obblighi di rendicontazione ESG sulla sostenibilità e di due diligence, previsti per le Pmi sotto i 250 dipendenti dalla direttiva CSRD (Corporate Sustainability Reporting Directive) del 2021. Il voto “urgente” di domani farà così slittare di due anni l’obbligo di rendicontazione sociale e ambientale per la seconda e terza tranche di aziende coinvolte, ovvero le grandi imprese non quotate (l’obbligo sarebbe dovuto partire dal 1 gennaio 2026) e le pmi quotate, dal 2027. Dallo scorso anno, invece, le aziende con più di 250 dipendenti, un fatturato superiore a 50 milioni di euro, o un bilancio annuo che supera i 25 milioni di euro, devono già applicare i principi ESG nei loro bilanci.

La proposta di accelerazione dell’iter legislativo sulla sospensione temporanea dell’applicazione delle misure di rendicontazione ESG per le pmi è stata approvata dal Parlamento Ue con 427 voti a favore, 221 contrari e 14 astensioni. Secondo la proposta che sarà votata giovedì, nello stesso voto, gli eurodeputati decideranno anche se posticipare di un anno la trasposizione e l’applicazione delle misure di due diligence per le aziende di maggiori dimensioni.

Il Consiglio dell’Ue, che riunisce i ministri degli Stati membri, ha già approvato senza modifiche la proposta della Commissione di rinviare l’applicazione delle normative. Se anche l’Europarlamento confermerà il testo, le nuove regole avranno bisogno solo dell’approvazione formale del Consiglio per entrare in vigore.

Critica Assirevi: le imprese erano già pronte e ora si genera confusione tra gli stakeholder

Il rinvio degli obblighi di rendicontazione di sostenibilità previsto dalla Prima Direttiva Omnibus, che sarà votata giovedì dal Parlamento Europeo, rischia di generare un fenomeno di rendicontazione volontaria non regolamentata, con potenziali ricadute negative sulla qualità e comparabilità delle informazioni fornite al mercato. È questo uno dei principali punti di attenzione evidenziati da Assirevi, l’associazione che riunisce le principali società di revisione italiane, sul provvedimento che posticipa di due anni gli obblighi d’informativa.

«Numerose imprese – evidenzia il presidente di Assirevi Gianmario Crescentino – erano già pronte ad adempiere agli obblighi della direttiva CSRD (Corporate Sustainability Reporting Directive) e con buona probabilità pubblicheranno in ogni caso report di sostenibilità a titolo volontario, non uniformi tra loro e privi di chiari riferimenti normativi. Questo scenario rischia di creare confusione tra gli stakeholder, minare la comparabilità dei dati e compromettere l’affidabilità dell’informativa sulla sostenibilità nel suo complesso».

Per scongiurare questi rischi, Assirevi propone di prevedere per le società che decidano di predisporre una rendicontazione volontaria l’applicazione degli European Sustainability Reporting Standards (ESRS), di altri standard ad hoc resi disponibili per questo tipo di rendicontazione o che abbiano carattere di generale e diffusa accettazione a livello internazionale. Per facilitare gli operatori del settore sarà inoltre essenziale che il recepimento nazionale delle modifiche previste nella Prima Direttiva Omnibus avvenga rapidamente, in modo da fornire un quadro normativo chiaro alle imprese che, in base all’attuale disciplina della CSRD, hanno allo stato l’obbligo di rendicontare a far data dal 2025.

Altra questione che la Direttiva lascia aperta – rimarca Assirevi – è quello degli incarichi già conferiti ai revisori dalle imprese di grandi dimensioni tenute alla rendicontazione di sostenibilità dall’esercizio 2025. L’Associazione raccomanda l’adozione di una norma che congeli la decorrenza degli incarichi, consentendone la ripresa a partire dall’esercizio 2027.

Dopo la votazione prevista per giovedì, il prossimo passo del Parlamento Europeo sarà la discussione della Seconda Direttiva Omnibus. Questa Direttiva, pur perseguendo condivisibili obiettivi di semplificazione, al momento prevede, tuttavia, un significativo ridimensionamento dell’ambito di applicazione della rendicontazione di sostenibilità, limitandolo solamente alle imprese di grandi dimensioni con più di 1.000 dipendenti e riducendo quindi di circa l’80% il numero di aziende soggette. Un’altra modifica sulla quale Assirevi ha sollevato riserve, sottolineando in particolare il fatto che resterebbero escluse società quotate in borsa, aziende non labour intensive ma con attività impattanti sulla sostenibilità e – a partire dal 2027 – numerosi enti di interesse pubblico (EIP) che attualmente sono obbligati alla rendicontazione, già hanno rendicontato per il 2024 e dovranno continuare a farlo nel 2025 e nel 2026. Un ridimensionamento che sarebbe incoerente con gli obiettivi di fondo della Direttiva CSRD.

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