Obblighi di contabilità ESG per le PMI: si va verso il rinvio


Il Parlamento europeo si prepara a votare con procedura d’urgenza sul cosiddetto pacchetto Omnibus, presentato a fine febbraio 2025. La votazione, fissata per il 3 aprile, potrebbe sancire un importante slittamento temporale nell’applicazione dei nuovi obblighi di rendicontazione sulla sostenibilità ambientale e sociale (ESG) e di due diligence previsti dalla direttiva CSRD (Corporate Sustainability Reporting Directive) del 2021.

Ricordiamo che l’Europarlamento ha già approvato la richiesta di trattare la questione con procedura accelerata, raccogliendo 427 voti favorevoli, 221 contrari e 14 astensioni. Se confermata nella votazione finale, la proposta porterebbe a un rinvio di due anni per la seconda e terza tranche di aziende coinvolte: le grandi imprese non quotate (il cui obbligo sarebbe dovuto partire dal 1° gennaio 2026) e le PMI quotate (inizialmente previsto dal 2027).

Va sottolineato che per le aziende di maggiori dimensioni – quelle con oltre 250 dipendenti, fatturato superiore a 50 milioni di euro o bilancio annuo oltre i 25 milioni – l’obbligo di applicare i principi ESG nei bilanci è già in vigore dallo scorso anno.

Il Consiglio dell’Unione Europea ha già dato il suo benestare alla proposta della Commissione senza apportare modifiche. Qualora anche l’Europarlamento confermasse il testo, le nuove regole necessiterebbero solo dell’approvazione formale del Consiglio per entrare ufficialmente in vigore.

Contestualmente, gli eurodeputati dovranno decidere se posticipare di un anno anche la trasposizione e l’applicazione delle misure di due diligence per le aziende di maggiori dimensioni.

Le critiche dei revisori contabili

Il possibile rinvio ha sollevato perplessità tra i professionisti della revisione contabile. Secondo le associazioni di categoria, molte imprese hanno già completato i preparativi per adempiere agli obblighi della direttiva CSRD e probabilmente pubblicheranno comunque report volontari sulla sostenibilità.

Il timore espresso dagli esperti del settore è che si generi un fenomeno di rendicontazione volontaria non regolamentata, con potenziali conseguenze negative sulla qualità e comparabilità delle informazioni fornite al mercato. L’assenza di un quadro normativo uniforme potrebbe infatti creare confusione tra gli stakeholder, compromettere la confrontabilità dei dati e ridurre l’affidabilità complessiva dell’informativa sulla sostenibilità.

Per mitigare questi rischi, viene suggerito che le società che optano per la rendicontazione volontaria applichino comunque gli European Sustainability Reporting Standards (ESRS) o altri standard riconosciuti a livello internazionale. Si sottolinea inoltre l’importanza di un rapido recepimento nazionale delle modifiche previste nella Prima Direttiva Omnibus, per fornire chiarezza alle imprese che, secondo l’attuale disciplina, avrebbero l’obbligo di rendicontare a partire dal 2025.

Un ulteriore aspetto critico riguarda gli incarichi già conferiti ai revisori dalle imprese di grandi dimensioni. A questo proposito, viene raccomandata l’adozione di una norma che sospenda temporaneamente la decorrenza degli incarichi, consentendone la ripresa dall’esercizio 2027.

Il focus passerà sulla Seconda Direttiva Omnibus

Dopo la votazione del 3 aprile, l’attenzione si sposterà sulla Seconda Direttiva Omnibus. Questo ulteriore provvedimento, pur mirando a semplificare gli adempimenti, prevede attualmente una significativa riduzione dell’ambito di applicazione della rendicontazione di sostenibilità, limitandolo alle imprese con più di 1.000 dipendenti.

La restrizione diminuirebbe di circa l’80% il numero di aziende soggette agli obblighi, escludendo società quotate in Borsa, aziende con attività ad alto impatto ambientale ma basso numero di dipendenti, e numerosi enti di interesse pubblico che attualmente sono tenuti alla rendicontazione.

Una drastica riduzione dell’ambito applicativo che ha sollevato critiche, in quanto potrebbe risultare incoerente con gli obiettivi fondamentali della Direttiva CSRD, compromettendo il progetto europeo di trasparenza e responsabilità in materia di sostenibilità ambientale e sociale.



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