Risparmi nelle banche Ue, 10mila miliardi da investire: cos’è il modello svedese


Nel cuore di Bruxelles sta prendendo forma una strategia che potrebbe cambiare radicalmente il modo in cui i cittadini europei gestiscono il proprio denaro. Una strategia che punta a trasformare i depositi bancari (oggi immobili e a basso rendimento) in motori della crescita.

L’Unione del Risparmio e degli Investimenti, proposta dalla Commissione europea, vuole essere un tentativo di rianimare il sistema finanziario dell’Ue partendo dal basso: dai conti correnti delle famiglie. In questo scenario entra in gioco il modello svedese Isk, una sorta di cassaforte smart per investimenti che potrebbe diventare il passepartout europeo per far decollare mercati e imprese.

Risparmi europei fermi in banca: il tesoro da 10mila miliardi

Secondo l’Eurotower, il patrimonio liquido detenuto dai cittadini dell’Unione Europea ammonta a una cifra colossale: 10mila miliardi di euro. Una ricchezza colossale, che potrebbe generare ritorni annuali da capogiro: circa 350 miliardi. Bruxelles ha fiutato la posta in gioco e ha messo in campo la Savings and Investments Union (Siu), un’operazione ambiziosa che punta a rompere l’inerzia del risparmio parcheggiato per trasformarlo in motore della crescita europea.

Con questa nuova iniziativa, le autorità comunitarie vogliono ridare slancio ai canali che collegano i risparmiatori ai mercati finanziari, togliendo la polvere da strumenti ancora troppo poco utilizzati. Il piano è quello di favorire l’investimento diretto in strumenti finanziari, e nel frattempo rendere la vita più facile alle aziende.

La Commissione europea ha delineato una nuova tabella di marcia per aumentare l’efficienza dell’intermediazione tra risparmio privato e investimenti produttivi. L’intenzione è di coinvolgere ogni segmento della struttura finanziaria dell’Unione, rafforzando quanto già avviato con l’Unione Bancaria e quella dei Mercati dei Capitali. Ursula von der Leyen ha parlato di “doppia vittoria”, evocando un’Europa dove le famiglie possono finalmente contare su occasioni di investimento meno ingessate, e le imprese trovano la linfa necessaria per innovare e assumere.

La Bce fa i conti: se i risparmiatori europei iniziassero a investire, si potrebbe sbloccare un flusso da 8 trilioni di euro. Una marea di liquidità che oggi resta bloccata in depositi a rendimento rasoterra.

Ma questo scenario da libro dei sogni si scontra con la realtà dei salari stagnanti e del potere d’acquisto eroso. Pensare di mobilitare masse di risparmio ignorando stipendi troppo spesso da sopravvivenza significa non aver messo bene a fuoco la fotografia sociale del continente. Portare anche solo una parte di questo patrimonio verso strumenti di investimento significherebbe dare fiato a un’economia in affanno, ma prima bisognerebbe fare i conti con il fatto che milioni di cittadini, tra inflazione e precarietà, arrivano a fine mese contando i centesimi. Parlare di grandi risparmi in un continente dove spesso il conto corrente segna rosso vuol dire raccontare solo metà della storia.

Il modello nordico: come funziona l’Isk

Creato in Svezia nel 2012, l’Investment Savings Account è un conto che permette di comprare e vendere strumenti finanziari senza l’incubo della tassazione sulle plusvalenze. In cambio, si paga un’imposta fissa annuale, calcolata in base al valore medio delle attività detenute e a un parametro definito dallo Stato. Dal 2025, fino a 13mila euro investiti saranno esenti da imposta. Una soglia destinata a raddoppiare nel giro di un anno.

Il cuore dell’esperimento svedese è la semplificazione. Basta con la giungla di aliquote e detrazioni, con i calcoli cervellotici sulle minusvalenze. La tassazione viene decisa in anticipo, a prescindere dal risultato dell’investimento. Nessuna tassa su dividendi o utili da compravendita. Il prelievo, anche se forfettario, può essere compensato con eventuali perdite.

Roma ascolta, ma non si sbilancia

Sul fronte italiano, qualche apertura c’è. Gianluigi Gugliotta, segretario generale di Assosim, mantiene la linea prudente: “Non avendo i dettagli della proposta come Assosim non siamo ancora in grado di esprimere un’opinione definitiva, ma riteniamo che lo strumento potrebbe essere di supporto allo sviluppo del mercato e alle Pmi; in particolare se rivesta funzione previdenziale”.





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