Il 2024 è stato un anno di transizione per il mercato dei fondi sostenibili in Italia, segnato dall’attesa della revisione dell’SFDR e dalle nuove regole sul naming dei fondi. Più che sull’espansione dell’offerta, gli operatori si sono concentrati sulla stabilizzazione e sulla qualità delle strategie di investimento ESG e a fine anno i fondi Articolo 8 e Articolo 9 rappresentavano circa il 50% degli asset under management in Italia, con una netta predominanza degli Articolo 8.
Il pacchetto Omnibus, proposto a fine febbraio dalla Commissione europea prevede una possibile riduzione del numero di imprese soggette alla rendicontazione di sostenibilità e questo solleva interrogativi circa l’impatto sulla trasparenza del mercato anche se, sottolinea Manuela Mazzoleni, Direttrice Sostenibilità e Capitale Umano di Assogestioni, in questa intervista a ESGnews, “è importante ricordare che quella della Commissione è attualmente solo una proposta e non una normativa definitiva. Il testo dovrà ancora essere discusso dal Parlamento e dal Consiglio, il che lascia spazio a eventuali modifiche”.
In questo contesto, Assogestioni auspica che ci sia l’opportunità di rivedere alcune delle decisioni proposte le quali “in alcuni casi sembrano andare oltre le aspettative legittime di semplificazione espresse dagli stessi operatori del settore”.
D’altro canto, nonostante l’onda anti-ESG proveniente dagli Stati Uniti, il mercato italiano al momento mantiene un forte interesse per gli investimenti sostenibili e la strategia europea, l’EU compass per la competitività europea, conferma che sostenibilità, concorrenza e innovazione sono fattori profondamente connessi. Non è poi da trascurare il fatto che, “nonostante il pacchetto omnibus e la proposta di riduzione degli obblighi di trasparenza e rendicontazione, il principio fondamentale della normativa europea è stato preservato: l’approccio della doppia materialità”, un unicum nel panorama internazionale che si concentra sempre più sulla gestione del rischio ESG, mettendo da parte l’impatto delle imprese su ambiente e società.
Dal suo osservatorio quali sono state le tendenze per i fondi sostenibili in Italia nel 2024?
Il 2024 è stato un anno di assestamento e di attesa per il mercato dei fondi sostenibili in Italia, influenzato dalle evoluzioni normative in corso. Tra le principali dinamiche, possiamo citare le nuove indicazioni sul naming dei fondi e l’attesa della revisione dell’SFDR, che hanno portato gli operatori a concentrarsi più sulla stabilizzazione dell’offerta che sull’ampliamento della gamma di prodotti. In un contesto di mercato meno favorevole rispetto agli anni precedenti, il settore ha vissuto una fase di consolidamento, con una maggiore attenzione alla qualità e alla realizzazione delle strategie di investimento sostenibile.
Dopo un periodo particolarmente dinamico e di forte crescita per gli investimenti ESG, il 2024 si è distinto come un anno di transizione, in cui gli operatori hanno dovuto adattarsi alle nuove condizioni di mercato e normative, ponendo le basi per un’evoluzione futura più strutturata e consapevole. Dal punto di vista dei flussi, la prima parte dell’anno ha risentito del generale clima di incertezza e forse qualche diffidenza nei confronti dei prodotti Art. 8 e Art. 9, che sono però tornati a segnare una raccolta positiva nella seconda metà dell’anno.
Quanto rappresentano a fine 2024 i fondi articolo 8 e articolo 9 rispetto al totale degli asset under management in Italia?
Alla fine del 2024, i fondi classificati come Articolo 8 e Articolo 9 rappresentano circa il 50% del totale degli asset under management investiti in fondi in Italia. Di questa quota, la stragrande maggioranza – oltre il 90% – è costituita da fondi Articolo 8, per un valore complessivo che si avvicina ai 600 miliardi di euro di asset under management.
Entro il mese di maggio entra in vigore la nuova normativa sul naming dei fondi. Porterà maggiore chiarezza per i sottoscrittori?
L’entrata in vigore della nuova normativa sul naming dei fondi contribuirà sicuramente a rendere i prodotti più leggibili e immediatamente riconoscibili per i sottoscrittori e per chi si trova a valutarli. L’obiettivo principale delle SGR, in linea con le nuove disposizioni, è stato quello di garantire maggiore trasparenza e chiarezza, offrendo agli investitori un’informazione più accessibile già a partire dal nome del prodotto.
Sebbene la documentazione d’offerta – come i prospetti informativi e le disclosure previste ai sensi degli Articoli 8 e 9 della SFDR – sia già molto dettagliata, questa normativa semplifica l’identificazione delle caratteristiche principali di un fondo attraverso l’uso di una terminologia specifica e coerente già nel nome del fondo. Questo permette agli investitori di farsi un’idea più chiara del prodotto sin dal primo approccio, facilitando il processo di valutazione. Naturalmente, il nome rappresenta solo un primo livello di informazione, che andrebbe sempre approfondito leggendo tutta la documentazione di trasparenza. Tuttavia, si tratta di un passo importante verso una maggiore comprensione e fruibilità degli strumenti di investimento sostenibile.
La versione definitiva della norma è in linea con le vostre aspettative?
Sì, possiamo dire che la versione definitiva della norma sia sostanzialmente in linea con le nostre aspettative. Inizialmente, sono stati necessari alcuni chiarimenti da parte dell’ESMA su determinati aspetti, ma nel complesso il quadro normativo appare ora abbastanza chiaro per gli operatori, che si stanno adeguando progressivamente.
Ovviamente, come accade spesso con nuove regolamentazioni, restano alcune aree interpretative che potrebbero essere meglio definite, ad esempio penso ai dubbi circa i termini cosiddetti evocativi che fanno riferimento all’area ambientale e/o sociale, non esistendo una lista precisa ed esaustiva dei termini e delle relative categorie di appartenenza. Tuttavia, questo fa parte del naturale processo di applicazione e affinamento della normativa e nel tempo ci aspettiamo che eventuali dubbi residui vengano chiariti attraverso ulteriori indicazioni o best practice di mercato.
Ma con la riduzione del numero delle imprese che dovranno redigere un bilancio di sostenibilità secondo la CSRD e la Tassonomia che per molte diventa volontaria, verrà meno l’atteso effetto trasparenza sull’effettiva sostenibilità degli investimenti?
Prima di tutto, è importante ricordare che quella della Commissione è attualmente solo una proposta e non una normativa definitiva. Il testo dovrà ancora essere discusso dal Parlamento e dal Consiglio, il che lascia spazio a eventuali modifiche. Da parte nostra, auspichiamo che ci sia l’opportunità di rivedere alcune delle decisioni proposte, che in alcuni casi sembrano andare oltre le aspettative legittime di semplificazione espresse dagli stessi operatori del settore.
Abbiamo accolto positivamente la riduzione del carico di informazioni di dettaglio richieste alle imprese, che in alcuni aspetti risultava eccessivo rispetto al reale bisogno di informazione da parte degli investitori. Tuttavia, la drastica riduzione del numero di imprese obbligate alla rendicontazione potrebbe avere effetti negativi, soprattutto per gli investitori istituzionali, come gli asset manager, che necessitano di dati affidabili per valutare sia i rischi ESG a cui sono esposti gli asset, sia le opportunità di investimento sostenibile offerte dalle aziende.
In questo senso, riteniamo che sarebbe auspicabile mantenere un perimetro più ampio di soggetti obbligati alla rendicontazione, pur riconoscendo la necessità di alleggerire alcuni oneri informativi e di dare piena attuazione al principio di proporzionalità. Il rischio di una restrizione eccessiva, infatti, è quello di rendere più difficile la concreta implementazione delle strategie di investimento sostenibile, ostacolando sia il loro approfondimento, sia la possibilità di monitorarle e rendicontarle in modo efficace.
Come sarà attuata la revisione della SFDR?
Al momento non sappiamo con certezza come verrà attuata la revisione della SFDR che disciplina la trasparenza ESG richiesta agli operatori dei mercati finanziari e relativa ai prodotti di investimento. Due anni fa, la Commissione Europea aveva avviato il processo di revisione con un documento preliminare, seguito da consultazioni da parte delle autorità di settore. Sembrava un passo concreto verso un aggiornamento normativo significativo, ma nel corso del tempo la priorità si è spostata sulla revisione della normativa che riguarda la trasparenza richiesta alle imprese, mettendo temporaneamente in secondo piano la SFDR.
Alla luce di questo cambio di approccio da parte della Commissione, resta da capire se la bozza di revisione della SFDR rimarrà invariata o se verrà adattata in linea con una visione più “light” sulla trasparenza richiesta alle imprese, come sembra emergere da altre recenti iniziative normative. Un altro scenario possibile è che la revisione segua la direzione delineata nella consultazione, ovvero mantenere l’impianto attuale della trasparenza con alcuni aggiustamenti ed eventualmente l’introduzione di un sistema di categorizzazione dei prodotti, per renderli più facilmente classificabili e riconoscibili dagli investitori. Al momento restiamo in attesa di ulteriori sviluppi per comprendere quale direzione verrà effettivamente presa.
Quale impatto sta avendo sul settore dell’asset management in Italia l’onda anti ESG proveniente dagli Stati Uniti?
Al momento, l’ondata anti-ESG che sta emergendo nel contesto statunitense rimane piuttosto circoscritta e non sta avendo un impatto significativo sulla domanda di prodotti di risparmio gestito in Italia. Qui, il mercato continua a mantenere un forte interesse per gli investimenti ESG: circa la metà degli asset è ancora investita in prodotti classificati come sostenibili e gli investitori istituzionali esprimono costantemente attenzione verso queste strategie. Le società di gestione, d’altro canto, operando sui mercati globali si stanno attrezzando per confrontarsi al meglio con il nuovo contesto.
In Europa, se da un lato si nota una maggiore enfasi sugli aspetti di competitività nelle linee strategiche espresse dall’Unione Europea, come si può osservare nella revisione della SFDR e della CSRD, dall’altro non si riscontra un vero e proprio ‘backlash’ contro gli investimenti ESG, come invece sta accadendo negli Stati Uniti. La strategia europea, il cosiddetto EU compass per la competitività europea, sottolinea come sostenibilità, concorrenza e innovazione siano profondamente connesse. Un elemento chiave da sottolineare è che, nonostante il pacchetto omnibus e la proposta di riduzione degli obblighi di trasparenza e rendicontazione, il principio fondamentale della normativa europea è stato preservato: l’approccio della doppia materialità. Questo significa che, nell’attività di investimento, continueranno a essere valutati sia i rischi ESG a cui le imprese sono esposte, sia il loro impatto sull’ambiente e sulla società. Anche se il numero di soggetti obbligati alla rendicontazione dovesse essere ridotto, l’impianto normativo europeo mantiene questa impostazione, concentrando gli obblighi sulle realtà più grandi, ovvero quelle con maggiore rischio sistemico e impatto potenziale.
Questa differenza è cruciale rispetto al contesto internazionale, dove l’attenzione è spesso limitata alla sola gestione del rischio ESG, senza considerare in egual misura l’impatto delle imprese. Il mantenimento dell’approccio della doppia materialità è quindi un aspetto distintivo della normativa europea e un elemento fondamentale per il futuro degli investimenti sostenibili.
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